mercoledì 30 giugno 2010

LA VISITA

Vienimi a trovare questa sera

non ho più voglia di rimanere...

Solo per raccontarmi

sopra una poltrona

la storia degli inverni sempre uguali

le primavere di periferia,

con nelle tasche i soldi mai esistiti.

Vienimi a trovare

questa sera, per aiutarmi

a dare dei colori a questi quadri

trasudanti mostri, appesi al muro

solo  per pietà

e sono chiusi sempre in una stanza

fra vecchi libri senza una  speranza.

I segna libri sempre ad aspettare.

Vienimi a parlare, raccontami

i pensieri, voglie represse

e sentimenti vani

gettati a caso dove non si sa...

Non preoccuparti

qui non c'è nessuno

solo amarezze, e vive delusioni,

giocati ai dadi per perdere del tempo

             ...che pure
ce n'è poco troppo poco,

         che non hai

tempo neppure d'un gelato.

Io metterò raccolte dentro un vaso

tutti i profumi dei fiori intorno al mondo

non ci saranno fotografie, ricordi,

o lettere d'amore regalate,

dentro il mio cuore

ho tutto relegato.

Vienimi a trovare questa notte

       tanto non dormo

e per passare il tempo

sogno la vita

che volevo fare.

AL MARE CON ARGO

Argo è felice se lo porto al mare,
gli piace fare corse dentro l'acqua
ha sempre un modo suo per ringraziarmi
quando ritorna per riportar la palla
mi fa le feste e lecca la mia mano.
e ora  è stanco, si mette qui quattato
comincia ad ansimare poi guarda
il sole e gioca col tramonto
cercando di seguire con lo sguardo
il sole a mollo che lento lo saluta.
Stasera mi sembrava un po' stranito
la luna che sognava fra le onde
le stelle che mandavano messaggi
e un pianoforte suonava da lontano
una chitarra chissà forse invaghita
faceva compagnia al lento andare
una canzone di un vecchio pescatore
Argo ora è triste, ha messo il suo muso
sulle zampe, e poi mi guarda cercando
una carezza socchiude gli occhi
e pensa alla sua terra, al suo passato
giocando coi bambini che son cresciuti
e diventati grandi.
Guarda lontano...verso l'orizzonte
vede passare lucciole  di mare
che sono barche accese di lampare
si fan segnali solo al lungo andare.
Stà là la terra che vuole ritornare
guaisce, soffre, gli viene di cantare
quella canzone che lui sente suonare
ma Itaca è un sogno e non si può tornare
è dolce è amaro, solo mirare  il mare
dove si annega... sempre  per amore.

martedì 29 giugno 2010

IL CIGNO ROSSO

E c'era un posto, al centro
del mio mare,
un'isola stupenda disegnata
dagli architetti voluti da una dea
che dell'amore era la regina
e c'era un lago con l'acqua pura e dolce
dove ogni raggio, del sole innamorato
là si specchiava prima d'assopirsi
ed ogni nuvola vestitosi da festa
prima d'uscire e fare passegiate
faceva a gara di bellezza, ognuna
più vanitosa e bella d'ogni cosa.
E c'era un cigno l'ultimo rimasto,
lui era austero, forte ed orgoglioso,
su questo lago nuotava ad ogni ora,
 lui si specchiava,
ed al tramonto per fargli compagnia
giocava il sole con i suoi colori, era una festa
vederlo passeggiare
e tutti quanti ne erano felici.
.Ma venne un giorno che esseri dall'ombra
vennero infami  a toglierne il colore
gettarono le piume rosse come il fuoco
nella menzogna e nella falsità, e dal quel giorno
il cigno rosso ma rosso per amore rimase vittima
delle atrocità.
poi venne notte e il sole se ne  andò
le nuvole divennero piu nere
e ancora adesso aspettano in silezio
che arrivino le frasi più sincere,
anche se il cigno segni non ne dà
da qualche parte un uovo...
ci sarà

RANDAGIO...

Venne gennaio
senza il mio cappotto
la brina e il ghiaccio
stavano abbracciati
sopra quei rami inerti
verso l'alto
platini al sonno
sembravano giganti
li accarezzavo se pure...
senza guanti
pensando di scaldarmi,
al freddo legno
e la fontana col toro
come bocca
aveva  gocce
somiglianti a vetro
le scarpe...siii..le scarpe 
con dentro tanta acqua
e freddi i piedi...mamma...
mia quanto erano freddi.
Intorno un gusto nuovo
di qualche caldarrosta
e poi mi misi all'angolo di casa...
a piangere da solo...
con la giacchetta
cuciti due bottoni
uno era nero
e l'altro era marrone...
ed una donna presa a compassione
mi disse... che fai qua fuori
perchè non vai a casa'
ed io risposi con gli occhi azzurri
in basso...fà freddo uguale...
che ci vado a fare...
Venne gennaio senza....
 il mio cappotto

lunedì 28 giugno 2010

IL BAMBINO INDACO ( seconda parte...fantascenza?)

Non esiste ai giorni nostri una tecnologia in grado di intercettare, o studiare le capacità, sensoriali, e percettive dei bambini indaco. Gli studi effettuati sugli individui studiati registrano solo una forte ipersensibilità alla luce e agli stati d’incoscienza provocati artificialmente, ma in questa condizione artificiale, i sensi non rispondono come in condizioni normali, e credo che non sia un caso. I sogni che queste persone fanno generalmente sono normali ma in condizioni psicofisiche particolari o per così dire, in stato di grazia e ciò accade relativamente spesso, sono sogni che tendono a mandare messaggi particolari sia riferite al passato che al futuro anche abbastanza prossimo, e sono pressoché sempre interpretati in modo corretto e preciso dalla persona che questo sogno ha fatto un rapporto privilegiato quindi col mondo onirico che lo circonda, sino a incidere sulla realtà giornaliera.

Casi di veggenza e preveggenza sono abbastanza frequenti, che i comuni mortali tendono a sottovalutare o a non credere. Ciò mette in seria difficoltà questi individui perché hanno la capacità di analizzare e studiare le persone che frequenta come una serie di pazienti da studiare ed analizzare ciò a ragione indispettisce quasi giustamente, obbligando gli indaco ad una solitudine quasi obbligata, e ciò accade anche nei rapporti con i parenti ed i particolare i genitori che sembrano nel rapporto che gli indaco stabiliscono quasi dei genitori acquisiti tramite adozione, e non come genitori diretti, per gli indaco essi risultano staccati lontani dalla loro realtà genitoriale anche se sentono per loro sentimenti di affetto e non d’amore genitoriale vero e proprio, e ciò accade anche per il resto della famiglia, rimane inteso che l’indaco, viene giudicato strano, scostante,e scontroso ma non è cosi. Per l’indaco questo e un forte elemento di sofferenza quasi una condanna vera e propria. Per l’indaco il ricordo profondo è ricorrente, e continuo il ricordo di una vita vissuta o presunta tale e semplicemente un assillo che condiziona la sua vita e le sue scelte.

Credo che esista un filo conduttore fra la terza dimensione che è quella che conosciamo quella di tutti giorni e una cosi detta quarta, un collegamento presente che molti negano per motivi di carattere culturale e religioso che come sempre inibiscono ogni tipo di teoria tendente a confermare ogni tipo di esperienza che coinvolge una dimensione diversa ma presente.

Il primo ricordo ricorrente, che stuzzica, la mia fantasia, e la mia curiosità, risale a un tempo molto lontano, io morto ucciso in una battaglia, io fante romano, poi un periodo di buio relativamente breve, e poi mi ritrovo vivo e bambino in posto diverso, in un mondo diverso, certo adesso tutto mi sembra un sogno, ma è un sogno?...Forse…

Il rapporto dei bambini con un mondo ultraterreno o con la così detta quarta dimensione sembra sia assodato anche da esperimenti studi e ricerche effettuate, ma diverso è il discorso quando si sviluppano capacità di previsioni di eventi e situazioni future, o situazioni già e vissute, persino in sogni e quant’altro. Per la maggioranza di questi il rapporto con questa esperienza per molti motivi s’interrompe per una minoranza si fa per dire continua e per molti altri si rafforza.

E’ normale che esista scetticismo è giusto che così sia e nessuno intende dare per scontate teorie che mai riusciranno a rispondere a domande che mai troveranno risposte, né tanto meno che gli studi effettuati riescano ad avere fondamenti scientifici ragionevoli, ma il materialismo non sempre è in grado di dare risposte a tutto un universo che non conosciamo. Con questo intendo semplicemente raccontare alcune esperienze da me fatte senza dare naturalmente nulla di scontato, ne ricercare spiegazioni razionali perché qui di razionale, materiale o logico non c’è assolutamente nulla. Ci sono esperienze vissute e nient’altro e se è poco…chiedo scusa. Avverto naturalmente che non sono in ordine di tempo, alla rifusa come me le ricordo. Per essere brave in quest’articolo racconterò alcune esperienze, riproponendomi nel prossimo articolo di essere più completo ma anche più inquietante due in particolare. Una signora mia conoscente aspettava un bambino, una notte sognai di andarla a trovare in ospedale, e mi trovavo ad assistere al parto, ad un certo punto vedevo il suo collo avvolto dal cordone ombelicale, sino a farla diventare cianotica. Al mattino seguente gli telefonai invitandola, ad andare in ospedale per farsi controllare cosa che fece con un po’ di titubanza e molta mia insistenza.

Al ritorno mi telefonò per ringraziarmi a una settimana dal parto aveva il bambino in posizione podalica, naturalmente il parto andò bene…un caso?forse.

Un’altra signora di mia conoscenza anch’essa in attesa, la sognai che non riusciva a partorire il suo bambino, gli dissi semplicemente di farsi seguire perché ci sarebbero stati problemi al parto, si fece controllare ma nulla a quel momento era evidente, naturalmente improperi nei miei confronti e immaginatevi con quale animosità. Al parto scoprirono che il cordone ombelicale del bambino avvolgeva il collo…un altro caso? forse…

La mia signora ha avuto due figli maschi per cui ho inventato la barzelletta che l’unica donna in casa sono io :- ) al primo parto la mia signora giustamente era in tensione e la sua nascita per qualche misterioso motivo i tempi dell’ora x si allungavano in maniera spropositata. Due sogni in particolare mi fecero riflettere

Che furono susseguenti e a breve distanza l’uno dalla’altro. Nel primo sogno, salvavo da un incidente stradale una bambina che nel mio sogno era mia figlia, spingendola, facendomi investire io, molto bella tra l’altro la bambina capelli neri occhi azzurro intenso. Nel sogno successivo salvavo un bambino da un’alluvione posandolo su un ponte già parzialmente travolto e finendo io nelle acque torbide. Al mattino seguente dissi a mia moglie che dovevamo andare in ospedale, ma non ne aveva voglia telefonai a sua madre quando arrivò, la portammo l’ospedale, il bambino era in sofferenza fetale subito in sala parto e taglio cesareo nacque un maschietto con i capelli neri e gli occhi azzurro intenso. adesso mio figlio ha 30 anni. Un altro caso?forse.

Dopo quattro cinque anni cominciò un girno a sentirsi male, in pochi giorni dimagrì di diversi chili

1. Sognai che mi salutava perché moriva…al mattino preoccupato, tornai dal lavoro, chiamai il medico che venne a visitarla, per dirle che poteva essere appendice, nel pomeriggio andammo in ospedale era già in aseticimia, era peritonite fulminante, quaranta giorni ‘ospedale, fu naturalmente operata, la presero per i capelli…un altro caso? Dopo tre volte non costituisce prova? E non finisce qui….arrivederci al prossimo articolo io non pretendo di essere creduto non mi è mai successo…di esserlo, ma questi come altri sono fatti realmente accaduti e le vittime sono ancora tutte vive se si vuole verificare… si può fare.

CELESTINO & CLARISSA ( Le novelle di Morfeo )

Non ricordava la strada
del ritorno
e camminava il cane
riva riva
a passo lento,
annusando tutto
cercava di capire
dove andare
sentiva odori,  di sottobosco,
ed erbe,
confusi con macerie , spazzature.
Era il tramonto e si sentiva male,
l'acqua del fiume che lento
se n'andava
al cane gli dava il mal di mare.
Sentiva nostalgia, di Clarissa,
che poco
prima lo stava accompagnando,
con il guinzaglio , con la manina incerta,
lungo la sponda
giocava con la palla, ma il vento infame
la gettò nell'acqua
e per ricorrerla
cadde sopra un sasso,
e adesso
Celestino cerca aiuto...ma in questo posto
ormai non c'è nessuno,
soltando l'onde
che gorgoglianti, e fluenti
portano un corpo
disteso  sopra l'acqua,
e Celestino
per non lasciarla sola
ruba una barca
che stava abbandonata,
e con il muso
rivolto verso il corpo guaisce e piange
per Clarissa inerme.
E con lo sguardo rivolto  verso i monti
guarda...
Clarissa che se ne va nel mare
ci va anche lui
per non lasciarla sola
insieme all'anima
che verso il cielo vola
e se vedete le nuvole
nel cielo, che son vicine
che sembrano abbracciate,
son proprio
loro un cane e una bambina
sempre più avvinti
per non lasciarsi mai

domenica 27 giugno 2010

LA SEDIA A DONDOLO

Dondola qui nel solaio,
dove prima sedeva la donna,
che da tempo faceva la lana,
e guardava silente la luna
che suoi raggi nella stanza stendeva.
Dondola la sedia  di legno,
col cuscino senza nessuno.
Quanto tempo è passato, rammenti?,
si contavano le primavere
disegnando sui muri, i ricordi,
dentro i vasi le primule e rose
e la mamma spiegava le cose.
Ai camini stavano stesi
i regali fatti per caso, ogni tanto...
eterni silenzi, dai fragori
che venivan dal bosco,
si parlava dei sette nani e
Biancaneve che li ha ormai lasciati,
per andare in altro paese
era tempo che finisse la lana
per potersene poi  liberare
e la vecchia signora ormai stanca
ha deciso di chiudere il conto.
In un giorno caldo d'estate
mentre stava cantando i ricordi,
a una rana bagnata allo stagno
 ha deciso di farla finita, e mentre tutti
eran andati in paese,
dal balcone ha voluto
lanciarsi, ha dovuto imparare
a volare...e la sedia che non se accorta
 ricomincia ogni dì...dondolare.
E...dondola...don...dola...don...do...la...

I FIGLI DELLA LUNA MORTA

E Noi dobbiamo restare
in silenzio
Seguire le ombre
degli stolti viventi
incapaci trovare
movente , per Darsi
Motivo di vita  ,
e giocano con le ragioni
ma devono dire bugie
quando affermano
Che noi non ci siamo
perchè non ci vede nessuno
ma noi non vogliamo
Esser carne , i soliti
Idioti di Sempre.
Ma Quanto è
lontana la luna
per quelli che non
sanno  arrivarci
Noi veniamo da
un'altro Pianeta
nascosto nelle
vene del Tempo
da quando la luna sfiorava
le Onde del Mare
in Burrasca .
e Noi siamo passati
attraverso , e siamo
venuti dal tempo per
portarvi  i vostri pensieri
dannati !... e Voi non sapete che farne
Il giusto non stà mai nel mezzo
ma è nascosto nella coscenza
e si vuole negare la vita a Coloro
che la vita la danno .
Abbiamo lasciato il pianeta
Figli di una luna che è morta
siamo i Fantasmi negati , traditi
prima o poi v'entreremo  nel sangue
per portarvi saggezza e amore
ANCHE SE Voi non volete




















vole e

venerdì 25 giugno 2010

L' ARCOLAIO

Sempre è presente

nella stanza mia.

Quando si trasforma

in un gran bosco

la vedo ora attraverso

una finestra in fondo a un viale

di foglie morte...gialle.

Alberi spogli e siepi rinsecchite

con attaccati,fogli

di carta scoloriti e stanchi.


Scorre un ruscello

in cerca di ristoro

le scarne sponde

giocano al silenzio

con l'acqua morta che

pensa a ciò che era.


Infondo al cielo ricci

di pensieri coprono

i raggi del sole ormai

in declino

e la signora che stava

alla finestra

cantava la canzone del villaggio,

e mi invitava

a fare un'esperienza con

l'arcolaio che stava lavorando.

E poi tornò a cantare

la canzone...


C'era una pulzella

tanto bella

che il sole ne divenne assai geloso

parlò al vampiro antico di paese

che la rapì,per farla poi morire

gettandola fra i rovi delle rose.

Il re dei boschi preso a compassione

salvò la vita di quel dolce fiore

ma fanciulla inerme e sfortunata

perse per sempre la sua gioventù

e dalla casa ormai non esce più.

E per nascodere questo antico guaio

gioca da sempre con questo suo arcolaio

per fare in modo di non stare sola.

Stammi vicino e non lasciarmi più

Così diceva guardandomi negli occhi

mi spaventavano gli sguardi del fantasma

nati per caso nella fantasia

e mi sentivo quasi affascinato

ma poi quel sogno non è più tornato

ma ogni tanto in questa stanza mia

tornano i boschi torna l'arcolaio

e la canzone del paese antico

che non mi lascia da quando vedo

il sole e sul balcone nascono le viole.

LA NEVE CHE ASCIUGA

Come mi piace,
veder cadere lenta
la fredda neve che
si posa piano
su quelle facce sempre
più stranite
e cade piano anche
su le labbra
meravigliate sempre
per l'evento
quasi che fosse
una cosa nuova
persino per le vite
tanto vecchie.
L'avete vista cadere
sui cartoni?
restano asciutti
chissà per quanto tempo
e solo quando
poi ritorna il sole
cominciano a bagnarsi
come bimbi
com'è diverso invece
nei giardini
sulle panchine
dove dorme un uomo
chiamato dai bastardi
un bel barbone, si bagna in fretta
ma prima sente freddo
e poi... si bagna,
e in troppi casi
per asciugarlo bene
facendogli sentire molto...
molto caldo gli danno fuoco
mandandolo al creatore.
Ma quanto è bella
la neve quando
cade...ma ci vorrebbe...
un pò umanità

giovedì 24 giugno 2010

La Ballata del Lago del Mago

C'è un vuoto immenso
dove c'era un lago
dove al mattino cigni innamorati,
facevano
la spola per amore,
per regalarsi
sin dal primo sole,
bocconi dolci
quasi al  primo bacio
e sottovoce
cantavano le viole, i loro petali
baciati dalla brezza,
e si stendevano
quasi fosse letto sopra le foglie
pronte a riposarle,
e si svegliavano
papaveri assonnati
al canto del suo vento
intorno al grano,
che rigoglioso
offriva le sue spighe,
a giovani ragazzi innamorati.
e c'erano persino gli usignioli
che dispensavano
violini al primo sole al canto
dolce di pettirossi implumi
e stormi d'api pronte per il miele
la primavera cantando camminava
in riva al lago, e dispensava fiori
in ogni dove, e le primizie di frutti
ancora in culla.
Ora è deserto il lago.. se ne andato
e il grande mago che là s'era sdraiato
in un deserto adesso se svegliato
non è bastato il sogno di un bambino
a far tornare la dolce primavera
che sta morendo nascosta come un ladro
dietro un cespuglio arso e senza vita
pensava che bastasse la speranza
la voglia della vita, e dell'amore
ma poi d'un tratto quando il sole
muore poco per volta gli si ferma
il cuore, e poi lo mette dove c'era
il lago vicino al mago
che proprio adesso muore

I servi cechi

Non sono ancora diventati cani.

Hanno la lingua che tocca il pavimento.

La dignità ce l’hanno sotto piedi.

Han la coscienza regalata a caso ...

Da un padrone, che li prende a calci,

e son convinti che tutto vada bene

basta che hanno un posto nella cuccia

In una ciotola sporca e mai lavata.

Un pasto per un giorno e niente più.

E se in casa entrano dei ladri, rubano

tutto e spaccano stoviglie, basta leccare

le mani al nuovo capo e poi si sentono

portatori sani di nuove idee, e nuove prospettive

dimenticando che un tempo erano uomini.

E se ci sono in giro nuove passioni diventano

Loro i nuovi gran padroni ... ma sempre servi

di quelli che stan sopra ,

son servi cechi del grande capitale.

Il guaio è che non lo sanno ancora

e dicon sempre che...

loro i servi della gleba

sbagliano a pensare alla rivolta.

Sarà sbagliato ma io lo trovo giusto,

E glie lo dico proprio con gran gusto


Copyright Antonio Catalano giugno ’10

martedì 22 giugno 2010

IO SONO UN UOMO

Chi mi ha insegnato
a fare il falegname?
Un buon mestiere,
ma non mi è servito
a rendermi giustizia degli infami
dei servitori comprati per un soldo
Si ho una madre datomi
per caso per procura
che non ha conosciuto il sesso
ne l'amore verso un uomo
soltanto la menzogna,
e la vergogna.
Trovarsi incinta  per incanto
e voi per incolpare gli altri dei misfatti
avete messo in mezzo chi non c’entra.
Come se Iddio preso da isteria
Ha preso la Maria e l'ha sedotta
Che razza di progetto mai è questo?
E adesso  per giustificare il tutto
vedrete mi faranno pure Santo, anzi
di più figlio di un Dio
E ora che m’hanno messo in croce
picchiato,malmenato e condannato
del proprio figlio Lui se ne dimenticato.
Tu…guarda tutta quella gente, c’è
chi piange, chi ride, e chi mi mangia
In faccia, e chi mi invita a scendere
da qui, basta slegarmi
togliermi quei chiodi
avevano paura che scappassi?
E dove vado con tutti sti vigliacchi
appena scendo mi fanno riarrestare.
Han preparato una tomba molto grande
con una pietra enorme assai pesante
da quando in qua un morto è mai risorto
ma poi figurati se fossi figlio di un Dio
come si dice,
perche farmi morire, per poi risorgere
davanti a sta canea che aspetta solo
di vedermi morto.
No non sono pazzi,
sono solo criminali
l’han fatto solo,
per farsi discolpare
dare la colpa all’uomo quanto tale
per fargli credere
che tutto è stato Santo
hanno l’arroganza, di dire
a tutti che non sono uomo
spiegatemi le ossa lacerate,
le urla che ho lanciato
per salvarmi,
e tutti quanti che stavano
a guardare a domandarsi
se fossi un Dio o se fossi uomo,
e mentre tutti
aspettavano risposta da solo
me ne andavo all’altro mondo.

lunedì 21 giugno 2010

X FILE

Giocano a corda stasera nella stanza
Tutti coloro che ho conosciuti vivi
C’è anche Diana che mi corre incontro
Una cagnetta a cui ho voluto bene
È tanto tempo che non ci vediamo
Ci sono anime che cercano ristoro
Dopo aver giocato come pazzi
Ma son silenti non fanno del rumore
Quello che vedo forse è un illusione
Giocano a palla proprio sul soffitto
Folletti, maghi, e fate stravaganti
Spiriti folli che fanno compagnia
A questi spiriti vissuti e dopo
Andati
alla ricerca di un mondo senza doli
Non son felici ma non stanno male
In compagnia della fantasia
Io vedo Antonio che beve il suo caffè
Vedo Giovanni con la chiave inglese
E poi Pasquale che se ne va in moto
Una ragazza giovane carina che gli
Piaceva andare in altalena morta in fiume
Uccisa un dì di festa,
persino Mario che si Faceva un buco.
Antoniuccio morto sul lavoro
mentre faceva il decoratore,ucciso
da un gran colpo di corrente.
Vedo una zappa che cammina e vanga...
Sola... perché il padrone è stanco
Una bambina con il fiocchetto in testa
La cui bambolina, è nella culla
ma non dorme ancora
Sento profumi di viole,
e rose morte che danzano
Cantano e fanno ghirigori.
Vedo la gente che ho conosciuto un giorno
Che man lasciato per non tornare più
Cercano strade per tornare indietro
E fare passeggiate…
non ci pensate vi porto
In giro io
come se foste l’aria che respiro

domenica 20 giugno 2010

LA CORONA

Quella corona che ti hanno messo in testa
per farti fare il Re della Giudea...
ce l'hanno messa intorno al collo a noi
non fanno differenza... se siam credenti
oppure dissidenti...
a loro non importa
se siamo figli di uno stesso padre.
Stringono forte ci fanno sanguinare
le spine affondano,
nessuno ascolta i gridi della terra
urla di dolore e sofferenze...
condannati a morte,
perchè la fame figlia
di ingiustizie...
 li accoglie a corte,
per compassione..poi li fa morire,
Eppure Tu figlio di un Dio
dalla memoria stanca...
Sei fortunato nella sofferenza
la tua morte se pure tanto atroce
poco è durata ed è riconosciuta
t'han fatto Santo e sei anche adorato
mentre la nostra umana sofferenza
dura da sempre da quando è nato il mondo
anche i vivi ci hanno ormai scordati
e poi da morti diventiamo fumo
nessuno ci ricorda,
 i figli nostri son nel deserto
ormai da mille anni... altro che quaranta!
e c'è una cosa che ti devo dire
non è da te che m'aspetto, che il mondo
cambi e che ci sia giustizia
devi soltanto farci una cortesia
non dire più di dare l'altra guancia
l'ultima volta ci hanno sterminati
dietro i cancelli dell'indifferenza
vittime dell'  ignignobile abominio
e anche dopo non c'è stata pace.
Tocca a noi non certo nel tuo
nome che cambi il mondo
in nome della pace
togliamo al mondo
l'infame tua corona
che hanno messo in testa
anche ai bambini... non hanno colpa
insegna la rivolta...E mettiti da parte

sabato 19 giugno 2010

Il pianeta dagli occhi bianchi

Qui sul pianeta dagli occhi bianchi ...

Ci hanno presi, picchiati, malmenati.
hanno sbagliato a farmi fare uomo
meglio sarebbe se fossi nato cane .

Con l'unica ragione, quella di mangiare
senza passioni, ma senza sofferenze
con l'unico motivo di morire .

Ci fanno vivere con briciole da fame
senza saziare nemmeno un canarino
cui passa adesso la voglia di cantare.

Quando il pulcino nonostante chiama
perde la voce e dopo si abbandona.

Dimenticati persino dai fratelli
ai bordi scuri di periferia.

Quando la rabbia si trasforma in droga
e la coscienza diventa vanità
l'indifferenza invade anche gli occhi
facendo stragi di varie umanità.

E' la memoria che ci fatto schiavi
dimenticati in un angolo del mondo
dove il il Signore ha abbandonato tutti
si è spaventato di questo inferno infame.

Senza lavoro e senza dignità
senza passioni, senza umanità
ma la miseria è ancora tutta là
su quelle facce stanche di campare
dimenticati come degli oggetti
senza nessuno che mostri mai un pensiero
per gli scordati dall'umanità.

perchè le facce hanno sei colori
non fanno parte, mai del nostro mondo
e si confondono..
nelle povertà.

venerdì 18 giugno 2010

Ambà Rabà Ciccì Coccò

Sul davanzale viole del pensiero
rivolte al sole per sentirsi belle
sopra il camino garofani in amore
sorrisi di bambini messi in posa
fotografie di vite già vissute
Sopra i muri maschiere attaccate
satiri, e volti, dalle boccacce trane
sopra un tavolo, un libro di ricordi
sogni vaganti del tempo che cammina
e stà seduta sopra una poltrona
la bambola di Elisa preferita
è molto bella e pettinata bene
quando giocava per alleviar le pene
se la cullava come fosse bimba
cantando la canzone della mamma
un girotondo che non trova tempo
è sempre antica, e gli ritorna in mente
un ritornello che non conta niente.
La bambola in bisquit sè innamorata
e dell'Elisa se ne dimenticata
un pricipe audace se l'è portata via
e dopo un poco sedotta e abbandonata.
Ed scomparso il rosso sulle gote
il trucco sopra gli occhi consumato
il suo sorriso antico s'è assopito
Elisa tutto questo l'ha capito
e per non farla mai sentire sola
prima del sonno le canta una canzone
e che se pure non vuol dire niente
l'aiuta in fondo a vivere nel mondo
anche se questi dura solo un pò
Elisa canta, col dolce suo sorriso
Ambà Rabà Ciccì Coccò tre civette
sul comò.
l'anima incanta e quando è innamorata
come un'aquilone
si fa portare dove il vento vuole

LA CANTINA

Da una finestra si accedeva in basso
Con una scala a pioli e fatta in legno
Ed una donna grande, cappuccetto rosso
Con la camicia ed una gonna
Lunga sino ai piedi, non era buio
Ma c’era poca luce che entrava
Sempre da una finestrella
Un gioco ambiguo per farsi
Un po’ più bella, carbone
A mucchi nero nero e duro
Bottiglie vuote gettate in ogni
Dove e molte piene in una
Rastrelliera, ai muri ceste
Alcune malandate, mele
Raccolte nei contenitori
Palle di carta pronte per brucio
La porta in fondo e poi si risaliva
E si giocava a fare sesso in due
Lei diciassette e io ne avevo
Cinque, mi possedeva…poi
Mi portava a casa era ginnastica

E non dovevo dirlo.


Copyright Antonio Catalano ap

IL Pazzo

Divaga spesso, quando è per strada
Parla da solo e ad ogni passo
Si dà sempre una risposta
una ragione
per lui motivo
Di battaglia.
Dorme sepolto da un mucchio di pensieri
Che di vendetta non lo sono mai
La sua giustizia non è mai capita
E poi si burla di quella del potere
Prende la penna che è nella mente
Sua
e sopra i muri scrive quel pensa
Ma i ben pensanti sognando desser savi
Cancellano ogni cosa senza senno
Di notte sempre protetto e sempre prediletto
Da streghe giovani belle ed avvenenti,
da fate folli in cerca di avventure,
da fuochi fatui, e da fantasmi
Amanti di strani viaggi
in posti nuovi e quasi mai
terreni
È il preferito nel mondo dei fantasmi,
un mondo Parallelo la cui voce
la sentono soltanto I veri pazzi,
che odono cantare dentro i boschi
Gli antichi Dei dimenticati
a torto
da un mondo
Di normali senza vita.
Il pazzo è spirito dell’uomo che esce a spasso
Per fare compagnia all’anima
che non vuole stare sola
Così in due si soffre un po’ di meno
Ti aiuta vivere in mezzo alle tempeste
E qualche filo di lucida follia o
di saggezza
gettata In fondo, al mare
oppure data ai porci,
ti aiuta a vivere per non buttarsi via

Copyright Antonio Catalano Maggio 10

giovedì 17 giugno 2010

SOLLEONE

Come hanno caldo le cicale a st’ora
Friniscono, e amoreggiano
col calmo fresco portato dalle foglie
Per aiutarsi dal caldo che cammina
Si fanno vento muovendosi a ventaglio
E per scordarsi della gran calura
Proteggono i germogli ancora in fasce
Sotto le grondaie cinguettii, pulcini
Che boccheggiano al calore, le madri
Disperate con le ali proteggono la prole
E danno voce, che il pettirosso ha perso
Il suo piccino per l’arsura
E il rampicante disteso alla parete
Preso a compassione
Prova ad alzarsi ma tutto è reso vano
E’ troppo in alto e non ce la può fare
E il canarino ha smesso di cantare.
Cani randagi abbandonati e soli
Cercano ristoro sotto un carretto
Solo appoggiato con le stanghe a terra
Un gatto arruffa il pelo e dopo scappa
Si sono messi i vasi dentro casa
I fiori soffrono e si risparmia acqua
Qui per la strada solo qualche carta
L’ombra di una foglia che cammina
Sopra i balconi fichi secchi al sole
L’origano profuma appeso al muro
E qualche passo che sta andando
In chiesa, poi a quest’ora non ci sono
Corpi
Soltanto anime abbandonate e sole
Che son tornate ancora a rivedere
Il proprio solleone di paese
Che illumina di bianco case e chiese

Copyright Antonio Catalano maggio ’10

Rivoli al chiaro di luna

Tre quarti di giardino dietro casa
Giardino in fiore e notti da lampioni
Povere illuse luci deliranti che pensano
Di stare a gareggiare con questa luna
Che ha voglia di brillare
non c’è confronti
Quando si abbellisce,
si fa i contorni
Con le stelle in cielo,
e usa il fard
Fatto dal signore,
e poi stasera
È proprio affascinante,
si vedono
Anche i mari,
è chiara è dolce
E ha voglia di danzare,
si vuole
Dare ad un'altra gioia
E fra gli abeti ancora da svezzare
Con i grandi raggi passa dai suoi rami
Come se fossero, delle enormi dita
Che nuova linfa danno a questa vita


Copyright Antonio Catalano aprile 10

L'IDEALE

Amo i richiami di

questa lontananza

Se pure amari,

e degni dell’oblio

perché traditi

dai soliti pagani

Diventano ossessivi,

e non c’è pace

Davvero fra ulivi,

e nei giardini, dei ricordi miei

dove insistenti

prendono corpo

gli orgogli giovanili

dove morire

per un ideale

era la morte

che non faceva male

e una ragione dava

alla mia vita.


Copyright Antonio Catalano giugno ’10

Il Riposo

Lo so... forse ho deciso
una cosa ingiusta
voglio restare, seduto qui...
sopra la panchina
tutta la notte
sino a domattina.
Mi son stancato d'essere di peso
a tutta quella gente a casa mia
parlo col cane che mi è seduto accanto
è l'unica persona che mi sente
ascolta, tace ed ogni tanto guarda
e se io soffro... guaisce
è il solo che capisce
E poi stasera ci sono dei profumi
...l'erba tagliata
i tigli sono vivi, ed il roseto
che è tutto scapigliato
emana odori che vivono nell'aria
come di paglia un profumo antico
Forse... la pioggia che sino ad ora
ha ripulito l'aria del giardino
e quelle luci delle case intorno
sembrano lucciole
buttate alla rinfusa
magari catturate con l'inganno,
come ogni giorno fanno alle persone.
Mi sento stanco ma non ho voglia adesso
di dormire e poi mi sembra
di stare alla stazione
ad aspettare il treno
che è in ritardo, mi piacerebbe
... tanto di partire
ma non ho i soldi neppure per star fermo.
Il cane dorme si è messo qua vicino
e senti... senti... senti come russa
almeno lui dorme un po' sereno e non
ho voglia neppure di svegliarlo
adesso lo faccio da cuscino, e dopo dormo
senza dar fastidio tanto non russo
non sveglierò nessuno, manco me stesso
che voglio riposare...riposare...riposare

PSICADELICA

Eppur ti vedo, quando ti nascondi
infondo dove sino adesso è buio
dove la luce timida è poco audace
scruta la parte che da sempre tace
come se fosse un segreto strano
Cerca una mano che non arriva mai
...attesa vana...
arsura di una sete, mai placata
luci colori,raccolti in pochi istanti
come dipinti assunti e mai finiti
solo in attesa di essere gettati
in qualche angolo ma dopo ritrovati
come se fossero cimeli senza senso
che solo il tempo ha voglia di comprare
come confini disegnati a mano
con la matita della vita tua
poi cancellati...
perchè venuti male
quasi a pensare, che quello
che hai sbagliato tu puoi rifarlo
e farti un'altra vita
per darti un senso, farti una ragione
di questa vita che è solo una prigione

Tenerezze

Vorrei carezze che fossero velluto
Vorrei che il vento profumasse sempre
Che mi portasse anche in pieno inverno
Neve di tiglio innamorato e vivo
Sentire le ginestre quando è autunno
E poi dei fichi profumo di un estate
Quello del grano lavorato a mano
Profumo di rossetto della mamma
Che ogni tanto si faceva bella che
Non ce n’era poi gran chè bisogno
Un canarino che cantava in gabbia
E un cardellino che gli faceva eco
La neve che cadeva nel cortile
Vorrei persino che nascesse un fiore
Tutte le volte che ho voluto bene
Vorrei di notte raccogliere la luna
Dentro un bicchiere per poterla bere
Prendere un calice bello e trasparente
Per fargli gocciolare il cuore dentro
A volte io lo sento che si scioglie
Che sembra neve o zucchero filato
Troppo bambino per sentirmi uomo

Copyright Antonio Catalano maggi

IL FOSSO

Solo la luna infondo ha quel paesaggio
Con sullo sfondo in alto verso il cielo
Un’altra luna che si chiama terra
E sulla luna riflette la sua luce,
una corona che assomiglia a sole
quando nel cielo noi chiamiamo
eclissi.
Fra cielo e terra fascia orizzontale
Di luce chiara, giocava a fare ombre
E dentro questo fosso c’ero io
Disperso e immerso con i piedi
Nel fango caldo e non mi dava freddo
E da sto’ fango uscivano le brocche
Alcune rotte, di tempo molto antico
Ad altre dentro sino alla metà
Erano tante e nessuna in ombra
E tutte illuminate a mostrarmi
Senza una ragione…
Stava passando la migliore età
E per uscire da questo posto infame
Dall’alto c’era solo una donna vestita
Tutta in bianco, che m’invitava
E che mi dava aiuto, e poi svaniva
E rimanevo coi piedi nella melma
Ad aspettare che nascesse il giorno
Di brocche intere non c’è n’era una
Forse la vita che ho abbracciato io
Di cose buone ne ho imbroccate poche

Copyright Antonio Catalano aprile 10

Stracci

Di che colore gli stracci del Signore
Giocati a dadi dai servi del potere
Gettati a terra ad aspettare il fato
Magari di finire fra le mani
Di meretrici per coprirsi il sesso
Scoperto dalle accuse di quei puri
Che son potenti solo con i servi.
Vesti sgualcite e sporche di sudore
Segno di un passato assai presente
Che lingua parlano i figli della terra
Quelli gettati a fare da concime
Nelle favelas,
a Città del capo o in africa orientale,
com’è diverso
Il sangue dei cinesi, da quello versato
Dai palestinesi,
e come giocano I figli degli oppressi,
quando i fucili li usano i bambini
giocando a fare i morti con i grandi,
mentre i potenti usano gli schiavi
per diventare ricchi, e più violenti
che cosa c’è nel sangue dei potenti
così diverso da quello che ho io
e cosa ho fatto per non avere un Dio
Me l’han rubato quando sono nato
Nella capanna per due non c’era posto
Ed hanno scelto colui ch’era già morto
E non poteva certo dargli torto
Siamo gli stracci da giocare a dadi
Per arricchire quelli del potere

Copyright Antonio Catalano giugno

Scusami

Scusami figlio se ti lascio un mare avvelenato
E tutti i pesci stanno per morire
E sulle spiagge non ci son telline
Scusami figlio se dalle montagne
L’acqua è finita per toglierti la sete
E stan morendo gli alberi dei boschi
Scusami figlio se gli ultimi animali
Stanno cercando un posto per morire
E se gli uccelli non trovano più agi
Ne sulla terra neppure là nel cielo
Vittime innocenti dei fucili
Scusami figlio se non hai motivi
Per essere sereno nel futuro e
Non hai voglia neppure di cantare
Se non hai forza neppure per amare
Se ti hanno tolto la voglia di campare
Lo vedi, non è bastata la lotta per vita
La lotta per cambiare, questo mondo
Ma l’entusiasmo mi è rimasto dentro
Lo so, lo so non ti lascio niente
Però ti prego non me ne volere
La lotta io lo fatta per amore
Perché la vita fosse la tua gioia
Scusami figlio…
Io ciò provato ma non ce l’ho fatta
Perché il potere ha mille facce infami
E poi c’è sempre chi gli da ragione
In mezzo a noi… alla popolazione
E poi ci sono pure i traditori
Vestiti da lavoratori.. che approfittando
Della buona fede credono in Cristo e rubano
Ai cristiani, e noi senza lavoro e senza mai
Un domani.
Scusami figlio se ci sono guerre in tutto
Il mondo muore la pietà muoiono donne
E gli innocenti, sempre , per conquistare
Un litro di petrolio, e se la fame ne stermina
A milioni, non è bastata la guerra per la pace
Che in ogni ora ho fatto nella vita…
E tutto questo lo hanno fatto loro
Per fare soldi per sete di potere…
E adesso sto seguendo il mio tramonto
Pieno di rabbia e molte delusioni
Ma tu hai tempo ti lascio il testimone
Sconfiggi tu il porco del padrone
Scusami figlio… ma non son sconfitto
Dai falla tu la generazione, che faccia
Un mondo senza più un padrone

Copyright Antonio Catalano giugno ’10

Il buco nero

Fili di voce che cantano una nenia
in una stanza che non ha più echi
timbri stridenti...unghie sopra i vetri
che scendono adunche per graffiare i sensi
forse lasciando segni assai profondi
segnano il passaggio dentro gli occhi
appassionati per le cose belle
terrorizzati da onirici pensieri
che stranamente ondeggiano a mezz'aria
alla ricerca di solidali appoggi.
Persino il sole ricco di coraggio
china i suoi raggi e se ne vuole andare
la luce è tenue e teme le presenze
che son padrone delle loro essenze
che solo gatti e cani possono sentire
le voci ondeggiano,calano, e dopo salgono
come se il mare ne guidasse il moto
e rompono la pace nello spazio
facendolo sembrare così nico
da diventare come un buco nero
grande una biglia come per giocare
in un puntino tutto ci può stare
anche una casa da dimenticare

mercoledì 16 giugno 2010

I dimenticati

Noi siamo qui seduti ai bordi
della tua coscienza, al limite
dei tuoi pensieri, la sulla punta
della tua lingua dove hai paura
di pronuciarci, la dove il tuo cuore
arido e freddo e pronto a farci morire
perchè hai paura di farci respirare
sino l'aria che non ti costa niente.
ma noi siamo il tuo spirito che prende corpo
siamo il fantasma che ti fa ricco
che ti da sicurezza, e che ti fà uomo
siamo quelli che tu dimentichi anche quando
di noi non puoi farne a meno
Siamo gli eterni e gli indistruttibili
siamo quelli nati con il mondo
e col mondo moriranno mentre tu...
sei già morto di indifferenza

I CANTI

Qualc'uno veglia su questi canti antichi
vengono sempre da posti assai lontani
dalle risaie di mondine stanche
dai campi di lavoro dei contadi
dalle fabbriche, rimosse o abbandonate
da quella ignavia che ci ha fatto schiavi
Da quei quartieri, dove il sole muore
e quando è sera non si fa l'amore
nessuno parla all'ombra dei lampioni
e si fà giorno senza una parola
se pure vivi in mezzo a tanta gente.
Qualc'uno veglia su quei canti muti
In Palestina dove il CRISTO MORTO
viene ammazzato cento, mille volte
e gli si nega di sedar l'arsura
di una giustizia fatta col fucile
dai prepotenti vestiti da colomba
ma dentro falchi rapaci micidiali
bestie assetate di inutili vendette
sopra le donne ed indifesi bimbi
che col futuro hanno chiuso il conto
A passi lenti si allungano le ombre
lunghi coltelli si affilano di notte
e si ripete la notte dei cristalli
in questa Europa fatta d'illusioni
conzano letti per nuovi cimiteri
CHE STIANO ALERTA I FIGLI DELLA PACE
da troppo tempo il suo canto tace
di tutto questo la bestia si compiace

IL MIO SIGNORE

Come potrei vedere il mio Signore
se non vestito da lavoratore
un operaio con la barba incolta
o un contadino intento al suo lavoro
a dorso nudo che zappa la sua terra
e con la fronte che gronda di sudore
che ogni tanto si ferma per guardare
il sole caldo che brucia le sue tempie
viso scavato e in bocca pochi denti
lo sguardo vuoto e in faccia mille rughe.
Proprio stanotte ho fatto un sogno brutto
l'ho visto in croce col volto flagellato
e gli occhi pesti per le botte prese
il volto tumefatto e mi sembrava un mostro
e poi m'ha detto guardandomi negli occhi
Sono caduto da un'mpalcatura
cerca un pittore che abbia del coraggio
e mi ritragga col di lui pennello
e non mi faccia come sempre bello
questo son io,se pure in un bel guaio
è meglio avere la faccia d'operaio
per il lavoro l'hanno messo in croce
non si lamenti ma gridi la sua voce

SENSAZIONI

Non entra mai
l'amore dalla porta
lo senti dentro,
quando fuori piove
oppure se ha finito.
Quando i profumi
dei giardini intorno,
ricordano un passato
al non ritorno
e senti i brividi
di un amore incolto
gettato fra i ricordi
e molto amato
come se fosse l'amore
che ha più dato
così t'illudi d'esser stato
AMATO.

martedì 15 giugno 2010

Il mio diario

Qualcuno un giorno per odio o per dispetto
Mentr’io distratto da cose della vita
Me l’ha nascosto in men che non si dica
Proprio nelle pieghe della vita
Stava dormendo nel giardino immenso
Nel posto che nessuno mai conosce
Ma è proprio, lì pronto a farsi aprire
Lui con la vita gioca a nascondino
E s’apre solo quando dentro piove
Dentro non ci sono sole le parole
Da qualche parte ci sono delle rose
Offerte con amore e mai accettate
Ci son passioni finite fra i rifiuti
Donne che si sono rifiutate
E cose
Amate che io non volevo,
Che l’ironia
Di questa vita mia a fatto in modo
Che le ricevessi
Senza volerlo e mai desiderarle.
Ci sono posti visti in cartolina
Che io sognavo quasi ogni mattina
Anche se dovevo lavorare
Neppure il tempo manco di sognare
Mi divagavo a vivere una vita
Che intanto mi sfuggiva dalle le dita
Trovi le foto di un pazzo andato a male
Quelle di un viaggio fatto per fortuna
E tutto il resto dei viaggi tralasciati
Sempre sognati mai poi realizzati
E poi ci trovi se sai guardare bene
Tutta l’amarezza di un mio viaggio
È temerario per il mio coraggio
Vedere ancora nonostante tutto
Con un uno sguardo tutto l’amor mio
Che provo per la terra che m’ha dato
Il gusto dolce della vera vita,
Quella che passa quasi spensierata
E amaramente passa dai tuoi occhi
Un cartellone di pubblicità.
Il solito cestino di pensieri
E dei ricordi chiusi dentro un pugno
Valgono poco se sono quelli brutti
Basta una spiga, un fiore, un corso
D’acqua, od un sorriso regalato
A caso,
O quello di bambino per
Farti nascere un ‘altro bel mattino
E poi di nuovo come un’altalena
Ti fa tornare ai casi della vita
E c’è qualcuno che quando ti va male
Ti dice sempre dai non t’arrabbiare
Tanto c’è il Signore che ti vede
Magari vede, io non lo discuto
Ma con me è stato veramente cieco


Copyright Antonio Catalano aprile ’10

Il mio vento

Fischia stasera…
e non si allontana
E vuole entrare
s’infila tra gli infissi
Vuole ascoltare
le voci dei respiri
Vuole carpire
i sogni dei bambini
Vuole sapere
chi di lui ha paura
Per poi avvolgerlo
cullarlo
e non svegliarlo,
vuole accudirlo
e non spaventarlo
questo è il mio vento
quello che di notte
con la mia mente gioca
a nascondino,
ed ogni tanto …
mi fa tornar bambino


Copyright Antonio Catalano Aprile 2010

Il posto

Lui vive là rannicchiato e solo
Dove da sempre non ha spiccato
Il volo … e canta … e canta … canta
Giace ogni tanto, per non sentirsi
Antico fra un oleandro e un albero
Di fico, sorride al cielo, mentre
Invece piove … e canta … canta … canta
Cosi cantando sogna un altro dove
Sperando invano di sentirne nuove
Il giorno muore la notte s’avvicina
Chissà se dopo viene la mattina
Smuovono i carri, il fiume scorre
Lento, l’aratro che comincia a lavorare
E l’usignolo vestito di speranza
Dentro il suo nido comincia la
Sua danza … e canta … canta … canta
Ma il mondo è sordo e lo fa morire
Proprio nel posto adatto per fiorire
E poi il silenzio canta … al posto
… suo … canta … canta… e canta


Copyright Antonio Catalano aprile ’10

Treni

Stare seduto sopra una panchina
Come un bambino ad aspettare
Un treno,
Uno qualunque non importa
Quale,
Uno che arriva e l’altro che riparte
Senza motivo,
Ad aspettar nessuno
Soltanto per guardare i finestrini
Con tutta quelle gente senza voce
Giocano ai mimi, e parlano col nulla
E pure se quel treno poi riparte
Soltanto un eco che ti muore
In gola
Come un bambino col mento sulle mani
Con gli occhi attenti che conta i suoi vagoni
E immagina di essere aquilone seguire il treno
Senza una ragione e fare un viaggio
Dove non arriva
E disegnare sopra i muri bianchi
Delle valigie con dentro dei bambini
Con nelle mani grandi palloncini, e alla stazione
La gente che saluta.
Sempre silente , sempre
Più silente,

silenteee sssiiii ssss.


Copyright Antonio Catalano aprile ’10

Dentro

Odo i silenzi che fanno
Un gran rumore
E non riesco a fargli dare pace
…provo… mi rispondono giocando
Coi ricordi,
I melograni attaccati al muro
Il vento caldo, di un’estate arsa,
spighe di grano
Pronte per la pula
E nella strada puzza di fabbro
Ciuchi da ferrare
Sono arroganti diventano
Padroni, questi silenzi
Guidati dai miei occhi
Che scrutano impauriti
Verso il vuoto nascosto
Fra le pieghe del passato
Dov’è celato quello che un dì
Era futuro e sta’ alle spalle
E ogni tanto cerca di ferirmi
Disegnano.. diventano
Pitture per bambini, segni rupestri
Nascosti fra le grotte della vita
E dopo il fuoco rimasto sottocenere
Da sempre di quell’amore nato e mai
Sedato neppure quando facendo carte
False, immaginavo di dimenticarlo
Invece poi diventa mio fardello
Sempre pesante e sempre più importante.
Silenzi freddi portati qui da un vento
È gelo è freddo e l’unica coperta che mi
Può scaldare è quella che m’impone di
Aspettare, ma aspetto invano perché
Me l’han rubata il giorno che cominciai
Da solo a camminare.

Copyright Antonio Catalano aprile 2010

UN SOGNO AL GIORNO

Concerti silenziosi
questa notte.
E’ come andare
incontro al proprio volto
per poi scansarlo
senza una ragione.
Provare, orgoglio, paura…
e se è vergogna?
Vorrei sentire
lontano un pianoforte
che mi accompagni
sotto questa pioggia
che cade fitta e
scende sui miei occhi
li bagnano adesso
che non c’è ne bisogno
lo fanno già da soli,
ed i motivi
stanno fra le pieghe
e danno forma ancora
a nuovi sogni
senza pudore e
senza discrezione.
Disegnano coraggi mai esistiti,
solo per caso diventati tali,
amari e tutti uguali
retaggio di ideali
andati a male.
Un sogno al giorno
non mi costa niente 
un giorno per donare rabbia
e farla diventare una ragione
Un altro un mondo
tutto da inventare
dove si trovi la strada del ritorno
per una pace di solidarietà

lunedì 14 giugno 2010

LA PARTITA

Giocava a dadi Sedimonte al fiume

Che scorreva a fianco e gorgogliava a valle

Come se fosse il corso della vita

E scommetteva sorridendo il pazzo

Vinceva come nulla tutti quanti

Ma un giorno venne che sfidar

La sorte lui volle, pensando che

Ne uscisse vincitore, se pure

Grande valoroso ei fosse,

proprio dalla vita fu sconfitto

che affascinato dal fascino

indiscreto della morte lui confuso

pensando fosse sorte e

l’abbracciò come una consorte


Copyrigt Antonio Catalano Maggio 10

L' UDIENZA

Conto i rumori del picchio sopra il pino

I passi lenti dei vecchi nei giardini

Faccio il ripasso dei compiti di vita

Come alla scuola quand’ero ragazzino

non c’e un conto che mi ritorna giusto

E cerco aiuto alzando gli occhi al cielo

Nemmeno un santo che faccia capolino

Son tutti a cena ed il signore pure.

Chiedo un favore al portinaio del cielo

-Spegni la notte per farmi addormentare

-Col Padre eterno ho voglia di parlare

-Poiché le stelle potrebbero abbagliare

Mettici un velo e falle riposare

-Falle abat-jour almeno per stasera

-E il mio lamento diventi una preghiera.

Mi son sentito da sotto sollevare andare in alto

Come un aquilone, e poi posato sopra il pavimento

Di una sala senza le pareti e tutt’attorno

Prelati e tanti preti ad aspettare udienza

Dalla luce e sono secoli che stanno

a contemplare tutti arrabbiati nessuno

Con pazienza

Si fece avanti con piglio assai severo

Il Padre eterno vestito d’arroganza

Che cosa vuoi, che sei venuto a fare

Non vedi quanta gente ho da guardare?

Adesso parla ma dimmi tre parole

Ho poco tempo e per risparmiare

Ti leggo nella mente, e poi decido

Cosa devo fare.

E cosi preso da rabbia e da timore

Nelle mia mente mi venne una parola

che ripetei per farmi più capire

…Perché…Perché…Perché….

Lui mi guardò con molta compassione

Quasi sapesse con rabbia e comprensione e poi

Mi disse adesso… vai non farti più

Vedere



Copyright Antonio Catalano maggio ’10

Il monologo (con Argo)

Lui sta quattato sopra il mio tappeto
Col muso sopra poggiato sulle zampe
Guarda sottecchi fa finta di dormire
Alza il suo capo, mi lecca, e si rimette
A posto, guaisce piano e poi mi
mi guarda come se capisse
E tu ricordi…ricordi gli inverni nel cortile
E la bialera che scorreva accanto, un freddo
Cane senza i miei guantini, e quei guantini
Chi li l’avuti mai,
le dita fredde senza remissione
E con il fiato venivano scaldati mentre piangevo
E maledivo il giorno.
Un gatto grigio a cui tagliavo i baffi, e barcollava
Il povero gattino
E poi le ortensie quando in primavera ornavano
Il cortile fatto in sassi,
e si sentivano le urla delle
Mamme sempre in tensione e senza una ragione
E c’era Anna in fregola continua
in cerca di marito da bambina
e per passare il tempo dell’amore
Solo al dottore gli andava di giocare
si mostrava
Senza alcun pudore davanti a me
che stavo li a giocare
A cinque anni al gioco dell’amore.
Le sigarette vendute ad una ad una,
le belle donne
con il tacco a spillo,
il tabaccaio suicida per amore
Alla fermata i soliti vecchietti,
con questo pullman
Che non arriva mai
nella capanna fatta di coperte
A cinque anni si gioca a papà e mamma,
con le bambine
Senza mutandine, subito dopo pane e marmellata
Profumo di ciliegie ormai scordate,
ma regalate dietro
Le inferriate qui non si entra la mamma mia non vuole
Meridionali tutti coi coltelli.
Cani randagi, e senza più un collare uomini al sole
A spaccare sassi,
donne arrabbiate con i figli in braccio
E poi davanti a veditor di frutta contare i soldi, contare
La miseria
a fine mese è sempre cosa seria, i soldi in prestito
Per curare un figlio,
bastava un raffreddore per morire
E quando infine non riesci a mantenerlo
Lo mandi in ospedale per mangiare,
anche una suora che ti fa campare
La chiami mamma al posto di morire
Le primavere si sono fatte in tante e sono qui
A raccontarmi tutto,
con le stagioni che passano
Cantando la solita canzone
della vita, che il tempo
Passa, che chiude le ferite,
questa è la vita che ci vogliamo fare
Luoghi comuni fatti per servi, senza
cervello e sempre remissivi
Nessun orgoglio nemmeno per i figli,
questa è la vita che ci fanno fare
ma quella vera, la fanno solo
loro i prepotenti i ricchi sfruttatori,
quelli che dicon che siamo
tutti uguali per farci vivere come dei maiali
Argo stai fermo dai non t’arrabbiare,
ma resta sveglio non farti
Più fregare…e poi mi dicono dai non t’adirare

Copyright Antonio Catalano maggio 10

I FERITI...

C’è poca rabbia … c’è più rassegnazione

Fra gli esuli del mondo ricacciati,

Siamo l’emblema dello sfruttamento,

Servi da sempre feriti nell’orgoglio

E sanguiniamo fra silenzi, e sguardi

Complici infami, di un ingiustizia

Eterna … e mai placata.

Noi siamo il sangue, la linfa della vita

Che ha dato ai ricchi la forza del potere

Quell’arroganza che li fatti bestie

Per fare schiavi chi li fa potenti

Renderli Dei del loro mondo indegno

Noi qui in silenzio sempre a capo chino

A dire si anche quando è morte

E annegano nel sangue e campi di sterminio

Ogni lamento ed ogni ribellione

E noi sempre traditi prima dai sogni e poi

Dalla speranza ci è data in pasto

Per farci stare buoni e poi menzogne

Assieme al pane amaro che ci dicon

Pur di benedire, come se fosse un dono

Fatto apposta,

Mentre è lavoro sangue del mio sangue

Satira di un vivo fatto a un morto, avvelenando

Un uomo fatto Dio

Voi lo capite figli della plebe questi assassini

Uccidono da sempre e mai nessuno ne ha cambiato

Il senno,

Per causa loro ci hanno spedito in guerra

Ad ammazzare poveri e innocenti

Ci ha fatto conquistare mondi interi

E fatti schiavi uomini impotenti

Hanno rubato pane a mille genti

E tutto questo in nome di un Signore

Che era morto per colpa del potere

Che era minacciato dall’amore

Uomini infami indegni della vita

La sola colpa dei popoli del mondo

È di avere in cuore la pietà, negandosi

Da soli il pane e libertà

Occorre sollevarsi, ribellarsi, in ogni parte

E regalare soltanto tolleranza agli uomini giusti

Ma senza la speranza, quella donata per un po’ di pane

quella è finita adesso tocca noi

Copyright Antonio Catalano maggio ’10