sabato 26 febbraio 2011

CHIAMAMI AFRICA

Vieni a vedere questa terra mia ...

Arsa, abbandonata amara

dove ogni tramonto è poesia,

ogni alba è speranza.



Dove in alto affamati avvoltoi,

sono pronti a ghermire gli agnelli ...

indifesi,  innocenti, cuccioli ignari

dei tempi nefandi per chi vuole amore


Dove bianche colombe

macchiate di sangue,

fra un silenzio assordante di pace

che tace ... ed un'altro ... non dormono serene.


E scoppia la rabbia!


Il fiero leone  irrequieto, vive ansie

e scruta la savana del mondo ...


MAI SAZIO DI LIBERTA'!

MAI DOMO!


Il fischio greve del vento spinto

dai grandi monsoni, soffia al ritmo

di danze Bantù dove i corpi son aria

e assumono sembianze  diverse,

si adeguano a  forme, e contorni voluti

disegnati dai tempi,

e solo l'amore, dei frutti,

il baobab per  il rispetto  del sole,

delle danze di guerra e di sesso

 assapora senza rivolte

acqua marcia dei pozzi malati

della fame omaggiata dai ricchi

ed offerta da un dio regalato

senza un nome, importato

da ingordi stranieri

con regali di guerra già pronte

solo odio donato con falsi sorrisi

per la terra dei senza colore.


Scorre sangue fra i figli dei venti

che soffiano contro corrente,

s'insinuano diventando dipinti rupestri

fra le grotte più antiche e mai morte

e sono stampate negli occhi di jamal ...

di Carim, e di Hajiba, i disegni di

caccia , di guerra, e di feste nuziali

se pure muoion di stenti.

sulla faccia  di ognuno, ora infanti

un pugno di mosche,

sulle bocche  senza sorriso ... una smorfia

mentre tuonano altrove i cannoni

e i macete fanno le stragi

in difesa dell'oro,

guarda caso del nostro colore.



 Mentre qui nella patria d'amore

d' Agfashèn ogni cosa che sta

sulla terra porta il nome di dio

senza tempo ...il mio avo

il lago, la savana, il deserto,

e le antilopi sgozzate in offerta

agli dei d'altre patrie e galere.



Il mio Dio ... sono figlio del vento,

porta il nome di un  fiume,

di un fiore, ogni albero è linfa

è sperma per la terra bagnata d'infamia,

ogni foglia, ogni ramo è la vita,

di un  totem che muore per darti, futuro

e rinasce dalle ceneri umane da sempre.


Il tramonto ha i colori di donna ...

sinuosa, dona i seni alla notte primigia.


E poi l'alba, che inebria la sveglia

degli gnù, delle vecchie gazzelle

stanno al pascolo attente e convinte

che un leone affamato nell'ombra

non fa cosi' male quanto un buana padrone

che dispensa invece del riso, i fucili

per i figli del male, uccidendo gli dei

della terra.

E ritorni la veloce gazzella a riprendersi

quello che è suo.


ORGOGLIOSA AFRICA NERA!

martedì 22 febbraio 2011

I LADRI DEI SOGNI

Che brutto esperimento

ci hanno imposto

in una notte

in cui ci hanno distratto.


Ci hanno messo altri sogni in testa

hanno spiegato che i sogni veri

son quelli senza cuore,

che il vero amore era un'altra cosa

e che l'indifferenza

poteva regalarci l'emozione,

di cancellare i campi di stermino

dalla memoria dell'umanità.


Di non sentire la voce dei fratelli

in cerca di giustizia e libertà.


D'essere cechi ai colpi di cannone

e di fucile, sparati addosso

a tutti gli indifesi che  si ribellano

senza alcun timore.


 Perché da perdere

v'è rimasto poco.

Soltanto un sogno

che viene dal futuro, che avverte tutti

e dice urlando all' umanità,

non dare tregua ai ladri di futuro

che son vestiti di falsa umanità

di falsi sogni di falsa libertà

lunedì 21 febbraio 2011

NEBBIE E CAMINI.

Fanno moine i fumi tra le nebbie

s'insinuano in silenzio,

facendo la gincana,

quasi una danza

sinuosi come i voli di farfalla.


Innamorati delle luci fioche

che vivono di notte e fan la guardia

controllano il passaggio dei pensieri.



Che sono sogni, coperti di rugiada

e un po di brina

pronti a svanire

appena si fa giorno e poi mattina.



C'è odore di fuliggine, e carbone

di arsenico, e di mare

che viene come sempre da lontano.


Cammina un uomo vestito

in questa notte come può

con una giacca, una sciarpa al collo

ed un cappello sulle ventitré

che come sempre si perde nella nebbia

e si domanda la strada sua dov'é

domenica 20 febbraio 2011

LA BORCHIA

Ho braccia corte

per abbracciare il mondo

se pure sento voci assai assai vicine

ben più vicine di chi mi resta accanto.


Che a volte uccide con il suo silenzio

o una parola detta fuori luogo.


Ferite inferte senza una ragione

e se ce l'hanno é molto ben celata.

Così mi  sento chiuso in una borchia

libero solo di non uscirne più.

E  poi d'un tratto vorrei tornare indietro

sopra una riva di un mare immaginato

stare lontano per non sentire più.


Stare da solo chiuso in un bacello

ed aspettare quando arriva il sole.


Solo una mano ... m'accontenterei

magari calda, calda di passione

e poi una voce che non sento più.


Io vedo rive, confini ed orizzonti

con soli e mari che dormono silenti

e aspettan  barche ...

che non san tornare.

sabato 19 febbraio 2011

IL PADRE PADRONE ( SECONDA PARTE )

F - Se pure troppe volte è delusione
      quando la terra è arsa, e non la bagni
      e il pane è duro, duro come sassi
      o se le reti portano  su  il nulla
      dopo aver passato notti intere
      ad essere portati via dall'onde.


      oppure pulire stalle, curare armenti
      l'umilizione non è mai stata la fatica
      ma  il premio che ti danno per la stessa
      non basta per campare e per morire
      ti fanno sempre servi, ti fan "cosa"
      per essere sfruttati per eterno


P- Ch'è ti vuoi mettere a battere i potenti?
    t'ho fatto nascere in una terra santa
    e indietro mi ritorni comunista!
    ma chi t'ha messo questo germe in testa,
    l'ho detto lo sapevo che a furia
    di frequentare pescatori, contadini
    e prostitute, saresti ritornato in paradiso
    un peccatore, un ateo,un truffaldino
    è stata lei lo so la Maddalena il pelo
    è pelo ma sei esagerato ravvediti
    e ti ridò il tuo posto.


    Non posso avere al fianco mio
    se pure figlio, un rinnegato
    che in paradiso mi solleva i santi
    va bene ... si difendere i pezzenti
    ma io ho inventato la santa provvidenza
    c'è l'elemosina che allevia ogni pena
    ma cosa vuoi che io rinunci a tutti
    i privilegi che m'hanno dato loro
    quelli della chiesa e poi le offerte
    di tutti i ricchi di tutti quei potenti
    che han fatto chiese, case e poi conventi.


   E come posso rinunciare a questo
   io sono un Dio, non dimenticarlo!
   non posso fare la vita dei pezzenti
   è vero si i ricchi, i potenti sono peccatori
   ma sono anche grandi donatori
   ma che figura faccio, se condanno
   quelli che  un dì m'hanno eretto a Dio.


F- Forse è il tempo, la tua età che passa
     avanzano le primavere infauste
     e la memoria inganna anche
     tuo cuore è diventato un sasso
     e se tu pure vedi il mio futuro
     dovresti metterti l'abito di un Dio
     che si commuove davanti alla miseria
     e che s'adira contro le ingiustizie,
     contro le guerre, le soprafazzioni,
     contro gli stupri fatti sui bambini,
     sopra le donne da sempre abbandonate
     proprio da te per una mela infame
     l'hai messa al bando come una puttana
     facendo schiava la sua dignità ,



     le hai dato doglie poi l'hai fatta moglie,
     regina della casa, per farla serva,
     solo regina della sofferenza,
     del suo dolore e della solitudine,
     hai fatto serva schiava, donna  di piacere
     sino mia madre che ti ha dato un figlio.


     e voglio ricordarti nella storia
     i morti fatti sempre in nome tuo
     con sullo scudo la foto della morte,
     e quella mia non certo quella tua.


     E i campi di morte e quelli di sterminio
     dove la gente moriva nel tuo nome
     ....e ti chiamava ti invocava e tu vigliacco
     che ti nascondevi, facevi finta
     di non sentire niente ... e tu vorresti
     che adesso mi sedessi a questo desco
     di santi indifferenti? no mi spiace non è posto mio
     io mi ribello ... me ne vado via!


P- Son io che ti mando via questa
    è ribellione qui non c'è posto
    per la democrazia,
    che razza di potente sarei io
    e non mi comportassi
    come un Dio, quale io sono
    e tale sarò sempre
    ti avevo accolto in questa casa mia,
    ti avevo offerto
    un posto al fianco mio 
    per insegnarti e farti fare il DIO


    Come si conviene, cos'è sta  storia
    di dare protezione
    agli ignoranti, i poveri, gli impotenti,
    adesso sai quanti  ce ne sono?
    6 miliardi ma tu ci pensi far del bene
    a tutti ma sono tanti troppe persone
    da dare da mangiare...
    si è vero proteggerò
    anche i ricchi ma sono meno
    poi e poi danno davvero
    meno grattacapi ... e poi detto fra noi ..
    che fò lo dico? mi pagano per fare  sto mestiere ...
    ecco l'ho detto mi son tolto un peso.


   E poi tua madre che ti devo dire
   persino un Dio può compiere gli errori,
   e poi la gente nei campi di sterminio
   non ti permetto di andare nel futuro
   lui mi appartiene, non hai diritto!

   la gente si lamenta solo quando muore
   o se non mangia niente
  e poi lo sai lo sai cosa ti dico?
  che quei nazisti mi avrebbero bruciato
  oppure messo in croce come i romani hanno fatto a te
  che vuoi che dica mi sono spaventato,
  mi son nascosto dentro il vaticano


F- Mio caro padre me ne torno indietro,
    questo paradiso non mi attaglia
    io me ne torno fra la mia marmaglia
    in mezzo a i poveracci, ai contadini,
    agli operai, agli studenti
   a quelle donne che soffrono in silenzio.

   Racconterò non te ne curare,
   con quanto " Amore"gestisci l'universo,
   quale giustizia intendi amministrare
   e di sicuro prima o poi anche l'uomo
   comprenderà  che dare la fiducia a prepotenti,
   è sempre errore e porterà al terrore.
   E l'unica speranza sta nel suo sudore


P- Ma cosa ho fatto per meritare questo
    un figlio comunista in casa mia!
    ADESSO BASTA! tornatene a terra
    trovati un tomba, e che la carne che io stesso
    ho dato, ritorni terra come a tutti quanti
    qui al mio fianco ci metto Santa Rita
    tanto sta zitta e non si ribella.
    Non ho più figli, io ti diseredo mi tolgo
    anche la patria potestà e togliti quel persing
    dalle mani che sembran stigmate viste da lontano


    F- Padre ... Padrone, Padrone ... me ne vado via
   

  

  

IL PADRE PADRONE ( Parte prima)

Tutti eccitati, quel giorno in paradiso
il padre eterno non stava nella pelle
dopo tanto tempo e tanta attesa
poteva riabbracciare il proprio erede.



Aveva messo sopra i comodini,
sopra il como', e tappezzato
con grandi manifesti
tutte le pareti in paradiso
la foto di suo figlio il grande Rabbi,
e ripeteva con molta convinzione
che adesso arriva il figlio del padrone
e finalmente mi darà una mano
a governare questa mia magione.



Fece agghindare la tavola imbandita
con vino acqua ed ogni bene suo
si preparò una grande torta che fu donata
da un pasticcere di fama siciliana
poi mise i santi, le sante i cherubini
seduti tutti  in ordine d'età, e poi gli arcangeli
i putti musicanti per festeggiar l'avvento
"del ragazzo", e poco dopo s'udiva
un gran silenzio...


Passi felpati striscianti, quasi stanchi
che gran fatica venire sino qui.


Il padre vide , venire avanti un uomo
le cui sembianze erano diverse ...
e un po' inquietante, per la verità

Tutto emaciato, col volto tumefatto
con piaghe e segni persino sopra il petto
gambe spezzate e faccia sanguinante
con piedi e mani bucate, col corpo
a pezzi a causa di frustate.


E dopo nudo ... nudo come un verme
e qualche Santo di questo ne rideva



P. - Ma tu chi sei, chi è che t'ha invitato
      da quando in qua, entrano i pezzenti
      e così nudo! ... un po' di dignità!


      Ma oggi è festa, sto aspettando un figlio
      ti dò il permesso, di presentarti e dire
      che cosa vuoi che si venuto a fare
      ti metterò coi servi ...puoi mangiare!


F - Io sono Geova sono figlio tuo, lo sono
      di Giuseppe, e di Maria, e sono morto
      per volere tuo, sopra una croce,
      da una settimana, e questo tempo
      è stato necessario, fra burocrazia
      il funerale, il tempo di tornare a salutare ...

      ho perso tempo col solito Tommaso
      e Maddalena che mi voleva vivo.



     E come vedi ora sono qui, come tu
     volevi son venuto, e adesso
     non mi riconosci più



     Come t'aspettavi di vedermi,
     dopo quel martirio, quell'infamia,
     le botte prese, i calci sulla faccia
     frustate date sulla carne e molti lembi
     finiti in bocca ai cani, e chiodi, e  spine in testa
     gettato nella polvere ho strisciato
     proprio come un verme. e tutto questo
     non mi sollazza il cuore.



    Ed io ci  vengo, ascolto il tuo comando
    e tu mi tratti come fossi un cane,
    mi dai vivande certo, magari pure bevo
    e mi ristoro, ma come un servo,
    che ti ha fatto grande
    non come un figlio
    ma come un sottomesso.



P - Sono tuo padre mi devi del rispetto
      non hai diritto di richiamarmi e dire
      che t'ho trattato come figlio indegno
      tratto i miei figli allo stesso modo
      e adesso chinati davanti al padre tuo
      sei in paradiso e il capo sono io
      non devi dare mai cattivo esempio
      poiché procuri insana ribellione.

      Di questi tempi sarebbe grande errore.


     E presentarti davanti ai santi, ai putti
     del tutto ignudo, ma non avevi
     un manto per coprirti ... magari un telo,
     che fosse degno della tua venuta?

     e quella croce sempre sulle spalle,
     adesso basta mettila da parte
     che fai tu vieni a pranzo
     con la croce in spalla?
     mi sembri un contadino
     di Calabria oppure un'operaio della Breda.

     Dai vieni avanti che ti presento a tutti
     Ecce homo questo e figlio mio!

    
F -Io son venuto, soltanto per volere
    di mio padre perché un giorno
    mi promise un posto alla sua destra
    a dispensar giustizia ed amnistie, e po'
    d'amore per l'umantà quella che soffre
    e muore fra gli stenti, e poi combattere
    i soliti potenti che di mestiere fanno
    i governanti, i re, i prepotenti e gli assassini
    prendendo per le ghette tutti quanti.

P - Che ti sei messo in testa o giovanotto!
     alla mia destra si .. ma chi comanda
     son sempre io ... il capo del reame
     non c'è nessuno rapporto paritario
     avrai il posto si ... ma ci vuol tempo
     sopra il seggio già  ... ma a babbo morto.

F- Sei suscettibile iroso ed anche ingiusto
     e a far del male provi anche del gusto
     non so venuto a prenderti il potere
     ma solo per spiegarti un po' di cose
     che occorre sistemare e molto in fretta
     prima che la gente perda il senno
     e si rivolga tosto ad altri dei  che
     hanno orecchie e molto meno lingua.



     Devo avvertirti che han trovato ingiusto
     uccidere tuo figlio, messo in croce farlo
     incolpare di colpe inesistenti,
     e poi al momento di salvarlo in fretta,
     tu stavi in altri fatti affacendato
     ed io siccome uomo e dedito a tuo detto
     non ho voluto usare i miei poteri.


P- Che io ti diedi ... non scordarlo mai !
     Se tu d'appresso hai deciso altro
     che vuoi che dica sono affari tuoi
     di figli ne ho talmente tanti
     che per contarli ci vuole troppo tempo.
     Ebbene si hai  sofferto molto,
     morire in croce per un semi DIO
     sicuramente non s'attaglia molto,
     meglio morire solo di vecchiaia.


    E poi d'altronde quanti sono stati
    i poveracci finiti sulla croce
    o morti per violenza, assassinati solo per potere,
    o peggio ancora morti per l'antica
    avrebbero per questo men ragioni
    di lamentarsi di quanto stai facendo?

    E se il dovessi intervenire sempre,
    chi guarda poi le cose mie ... l'impero?

    E poi le anime te le sei scordate?
    pensi sia facile fare il padre eterno,
    non sto giocando!
    e tutto questo io lo sto facendo
    per costruire solo il tuo avvenire,
    vorresti mica andare a lavorare?

mercoledì 16 febbraio 2011

NERE VELE

Si fà fatica a rivedere il sole


se si veleggia nel pieno della notte


senza una meta e con le vele nere


dipinte dalle troppe primavere


tradite dagli scogli della vita.


Gettati a posta in mezzo a questo  mare


da un padre eterno da dimenticare.

martedì 15 febbraio 2011

IL CIMITERO DI BARCHE

Danno di sponda,

e giocano con l'alghe

quelle barche messe

a riposo perchè si son stancate

troppo lavoro son proprio malandate.


Stanno la in fondo a quella riva a manca

che un dì li accolse al canto delle onde

che gorgoglìo ... sapeva d'allegria!


E quando è sera all'ombra del tramonto

vanno le sirene a riposare,

e prima ancora di mettersi a dormire

raccontano alle stelle figlie della luna

tutti i segreti dell'umanità.


Un cane abbaia, ed un gabbiano

riprende il volo per tornare al nido ...

l'ultimo grido prima di dormire.


Ma il tempo passa e

sulla spiaggia intanto

si son sedute le conchiglie morte

ricci di mare a farle compagnia

l'onda è più corta per non farle male

porta  la sabbia e stelle d'ogni forma

e tanto sale che non si scioglie più.


Anche le barche hanno perso il nome

ma non è stata neppure la memoria,

il sole ne ha mangiato la vernice.


Ed eran nomi, di pensieri e donne

c'era Cristina decorata in rosso

c'era la Pinta, il Masnadiero, il Fiocco,

Lucia, la Neve e Santa Maria e c'era anche

la Vergine del mare, solo che adesso

tutti questi nomi

poco per volta se li è rubati il mare.


Come son tristi le barche

senza nome ...

eppure in parte poco se ne vede,

è come un cimitero di persone

abbandonate all'onde di burrasca

tanto passato e sale nel futuro

messe in balia dei venti della vita

lunedì 14 febbraio 2011

L'infanzia rubata

Son quasi sempre abbandonati e soli

nei campi di stermino di città

Quanti villaggi fatti di cartone

bambole di pezza, e fuochi fatui

sogni svaniti, e fate andate in fumo

giochi finiti, con la faccia sporca.

Tu ricordi quando con le mani

ancora in cerca d'amore e compresione

t'hanno rubato la gioia d'esser bimbo

facendoti calare i calzoncini, fingendo

a farti donna a cinque anni,

e hanno ucciso l'infanzia che volevi

qui nel deserto infame di città

TU

Dove l'hai messa la tua dignità,

di uomo, di donna ... chissà

forse fanciullo, o di Santo.

Già di Santo

che Santo se t'han

sputato in faccia e preso a schiaffi

come se fossi

l'ultimo servo dei servi

pronto a pulire

lo sterco dei maiali

ma è proprio questo

che insegni ai figli tuoi,

ai tuoi fratelli che han riposto

nelle tue parole,

tutte le speranze,

per un mondo che fosse giusto

pieno di uguaglianza, fratellanza

e cosa insegno io nell'avvenire

a tutti quelli che chiedono riscatto

un prossimo futuro in paradiso?

e fare i servi in tutta questa vita?

Ti sembra giusto quanto tu mi dici

dopo aver vissuto in questo inferno'?

Tu mi proponi  ancora un'accoppiata

a me non piace questa tua proposta.

Non aspettarmi quando sarà ora

tanto l'inferno l'ho già vissuto qui.

Non ho paura di passarne un'altro.

sabato 12 febbraio 2011

CHITARRE.

Cantano all'agro i figli della terra

note confuse ...

Tocca alla luna schiarirle questa sera,

chitarre tristi, che suonano

in sordina,

amori, storie delle vite illuse

che danzano e vivono come

fantasmi al vento.


Le luci splendono

fin quando c'è speranza,

e l'ultimo respiro

di  poiana ferita e poi scampata

risuona come un canto la nel bosco

dove la lotta è lotta per vita.


Villaggi silenziosi, accompagnati

dai cori delle donne  dei fanciulli

e quando è sera la radio di paese

è messa in piazza, con la voce sua

fa cantare i pazzi, si svegliano gli avi del passato

e fa ballare tende appese a case

dove la vita s'è dimenticata,

di un'altra storia se ne era innamorata,

ed ha lasciato l'uomo che morisse, legato

al giogo delle propria vita, sempre più falsa

e senza una ragione.


Se di ragione se ne può parlare!

Canti tamburi, chitarre addormentate

tentano il risveglio al chiar di luna

dove l'argento scende sibillino

proprio sul lago dove ristagna l'astro

come se fosse il volto di una donna

sognato da un folle innamorato,

dove il viso appare e ricompare

un'illusione nata al primo amore

ch'è sempre amato ... ma torna quando vuole.


Si posano le nubi all'orizzonte, fra luci ombre,

con boschi e colli fasciati di bellezza,

mentre nell'ansa sta girando il fiume

che rigoglioso al canto delle acque... s'accompagna

con ballo antico di pupi siciliani.


 Ma la chitarra dolcemente sogna,

al suono della voce di bambino ...

la guerra antica del mondo contadino.


Non sfugge al falco la vittima segnata

dall'alto lui l'ha vista e la ghermita

nulla è servito l'avvertimento infausto

dato dai segnali della vita, non ha reagito

e ha versato il sangue, macchiando

il letto che l'ha visto vivo.


E cantano adesso al suono di chitarra

quelle sconfitte che fanno i figli servi

danzano i rovi, e danzano le foglie

per raccontare ai poveri passanti,

la storia antica di chi non vuol morire.


Quando un tramonto nasce per morire

e dopo morto non può più ferire

il giorno dura finchè il figlio vuole

Poi s'alza il sole E' ORA DI SOGNARE !


E le chitarre continuano a cantare.

venerdì 11 febbraio 2011

LA LOTTA

Foreste di braccia

si alzano nel cielo

diventino rabbia

le eterne imprecazioni

contro le ingiustizie

dei potenti,

e i nostri corpi

accatastati e inermi

si facciano scudi,

per in nostri figli

e non temiamo

se pure minacciati

i colpi di cannoni

contro noi,

non ha importanza

siamo solo il seme

lanciato dalle mani

degli inermi

per un raccolto

ricco nel futuro

poiché un popolo

che non sa morire

per conquistare

la propria libertà

non merita neppure di campare

ne tanto meno di possedere un Dio.

giovedì 10 febbraio 2011

GECHI E RANE

Rimane il geco taciturno e fermo
ad spettare che s' avvicini il pasto
Quando l'arancio di un tramonto
vive e uccide il giorno che lentamente
muore.

 E s'alza il vento orgoglioso, fiero
 che fa i capricci accarezzando il lago
che con le onde si fa sedurre e sogna
fra mille luci di una città lontana, vestita
di poesia, e fantasie, dove i fantasmi
giocano coi vivi.

Dove di notte passeggia Biancaneve.

Voci randagie, e canti d'altri tempi,
vengono insegnate dalle fate
che questa volta si son vestite in rosso,
per dar colore al grigio dei quartieri,
e a quelle case abbandonate, e tristi.

Dove una volta ci risplendeva il sole,
e invece oggi ci sono solo i rospi
e poi le rane insetti d'ogni sorta
invece delle donne sulle porte.
per salutar chi parte e chi ritorna ...
se torna

Sui marciapiedi unti di catrame
ci sono sempre le donne di una volta
con l'arcolaio a preparare filo
per tutti quelli che non lo sanno
fare.

Per i bambini, i vecchi, i giovanotti
che sono pigri, e pensano a dormire
I benpensanti e gli uomini di mente
che parlan solo e che non fanno niente
invece di sognare e poi lottare

martedì 8 febbraio 2011

IL VECCHIO CHE AVANZA

Passò la notte, in quella buia stanza
il figlio del Dio padre,
ad aspettare,
che Angelo dal cielo lì venisse

a prelevare un 'anima supina
che non aveva voglia di morire
ma sì, come stanco, timorato al punto
cercava l'ora per chiudere la storia.

Stava nascendo il sole, un poco pigro
e c'era una fessura, una smagliatura
che nella stanza faceva da ferita.

Come una spada entrava da quel posto
la luce  chiara fresca e mattutina
non era ancora giorno per davvero.

Ed è però i primi uccelli al rovo
cantavano la fame al primo raggio.

Ed in quel mentre come all'improvviso
da quella spia entrava Gabriele
quasi con fare, ardimentoso e vile,

impose al Figlio, di fare il fagottino
e venir via, come del posto fosse
stato il ladro.

Hei! hei! dai fatti lesto, qui non c'è tempo
dobbiamo andare via! prima che il sole
investa tutto il mondo.

Dai su  prendi sto sudario e fallo veste
che fai i capricci? datti un po' da fare
che non non ho tempo ,
qui non ci puoi stare.

Se vengono a saperlo siamo fritti,
hanno sbagliato
non eri tu  quello d'ammazzare.

C'è stato solo un cambio di persona
adesso vieni che ti spiego dopo
stanno arrivando le donne del paese
se quelle sanno, fra un po' lo sanno tutti
il cece in bocca non lo san tenere.

S'incamminarono l'Arcangelo ed il Santo
lungo la strada che porta in paradiso
e dopo aver dovuto camminare,
per strade campi montagne e le colline
dovettero fermarsi per mangiare

Alla locanda del " Servo del Signore"
si misero seduti ad aspettare e poi
l'arcagelo comincia a raccontare.

Devi sapere e tu non puoi saperlo
che il Giuseppe fece una preghiera
voleva un figlio che non gli veniva
a sessant'anni dove vuole andare ...

Lui ci provava però, e non era cosa
un'impotenza che non si può contare.

Cominciò pregare tutti i giorni,
e poi la notte non stava zitto mai,
il padre esterno stanco dei suoi preghi,
diede mandato ad un cherubino
che risolvesse questa situazione
quel pover uomo non ne poteva più.

Doveva procurare una pulzella
per compiere il mandato del Signore,
vide al  laghetto una verginella,
ancora acerba, e ignara d'ogni sesso,
ignara dell'amore e dell'evento
che serve a copulare sul momento.

Il cherubino bello come il sole disse all'ignara
il nome di Giuseppe raccontò che dopo
l'atto fatto sarebbe diventato solo un uomo
con le sembianze di uomo assai maturo.

Per porre calma  all'ira del Signore
poiché geloso e molto moralista.

Giuseppe se ne stava dietro un rovo
e di nascosto, vedeva le sue gesta
si ricordava al tempo, dell'amore
di quando anch'egli di imprese ne faceva.

Ma bisognava dar risposte al fatto
che scritture parlavano di  un rabbi
che avrebbe dato la vita proprio in croce.

E fu così che il furbo
cherubino compi due volte
l'atto del'amplesso e furono due
i figli della colpa.

Ma il mondo
che è preso sempre in giro, di figli ne
conobbe solo uno.

Uno è scappato se ne andato in Cina
e sei rimasto tu che stamattina
ti trovi morto al posto di quell'altro
per decisione proprio di tuo padre
che tira ai dadi ogni decisione.

E  chi c'è, c'è, non glie ne frega niente
se paga il figlio, oppure un conoscente,
e lo decise una sera a casa,
stava bevendo un po' di malvasia,
mentre mangiava della parmigiana.

Sai con l'età dovrebbe bere poco non si controlla
ed ogni tanto sbaglia, non c'è nessuno che può
dirgli niente, perché lui dice che se pure sbaglia
per tutti i buoni c'è sempre il paradiso.
ma  anche qui ci prende per coglioni.

 Sai c'è un paese proprio sotto
i piedi che è già corrotto dai soldi e dai padroni
e come leader ci ha messo Berlusconi.

Persino Benedetto si è convinto
che mettere in croce un figlio
od un paese  non fa rumore
se quando uccidi  sai parlar d'amore

lunedì 7 febbraio 2011

LA STANZA DEI BIMBI FANTASMA

Sapessi com'è amaro giocare con le dita

ed intrecciarli sino a farsi male

e poi dormire con la corda al collo

sognando infine ch'è solo una collana

prendere a calci la faccia di un bambino

pensando ch'è la stessa ... di un pallone.

fare sberleffi senza una ragione

bruciare il letto per ridere di Piero

che intanto dorme e non se ne accorto

pisciare nel bicchiere di Santina

e rovesciare il latte la mattina

e se va male sognare di volare

e poi cadere, con gli angeli del  cielo

indaffarati, non si sa a che cosa

Scuotere la testa tutto il giorno

Guardare un punto fisso senza tempo

essere distratti dalla noia

e stare zitti non dire una parola

se l'infermiere li ha presi a calci in culo

Guardare fisso la faccia di un pagliaccio

dipinta sulla tela, sopra il muro,

diventa triste  quando

intorno  è  buio, e dopo

piange, lacrima il pagliaccio.

E poi giocare quando si fa notte

con questi occhi

che non stan mai  fermi,

coi teli delle tende, che fan festa

se ogni tanto la luna l'accarezza

e finchè il vento li bacia con tristezza.

Aver paura dei passi nella stanza

perché di notte  anime inquietanti

giocano coi giochi dei bambini

cubi colorati, con cerchi, stelle

e oggetti d'ogni forma e dimensione

che sono ancora tutte da inserire

dentro la valigia della vita, di quella

vita ch'è rimasta fuori.

Fuori coi gatti, i cani, e gli uccellini

i canarini, e le farfalle e fiori, e dopo prati

gli alberi e l'amore che in questa

stanza non trova il posto suo

dalla valigia se n'è rimasta fuori

sabato 5 febbraio 2011

IMMAGINI

Qui c'è una strada,

che sembra scalinata

regno di casbe

avvolte nel mistero

dove il silenzio

è solo un'illusione

ad ogni porta un vaso di begonie

cactus felici di rimanere al sole

 i secchi d'acqua versati verso valle

che  gorgogliando raccontano

le storie di vecchi carri,

di guerrieri antichi

di grandi amori,

finiti a coltelllate

per qualche sguardo

o rose regalate.

Ed i vasai a disegnar ricami,

i battitori di rame e dello stagno,

e poi funari a tirare corde.

 Delle rivolte fatte per il pane.

Poi ... bambini seduti sui gradini,

che con le strombole lanciano  i cordini

le immagini dei santi, sulle porte

e le ragazze che fanno le moine

i seni acerbi mostrati con orgoglio

quattordicienni  incinte con  un figlio

e sopra i muri posati stanno i ferri

quelli per zappare ... i contadini

e dopo il fabbro, il vino, il farmacista

con su la porta scritto  " SEI FASCISTA ! "

La strada è vuota, qui non  c'è nessuno

si sentono le voci, cori e  canti,

fra questi  muri se pure abbandonati

cantano echi lasciati da quei venti

che sono soli e non trovan pace

e si lamentano che in questo posto

 strano non c'è nessuno che parla

del passato, soltanto un vecchio

a spasso col suo cane,

davanti a un manifesto comunista

parla da solo e impreca con se stesso,

di quella volta che s'era innamorato,

ed il suo amore l'aveva abbandonato,

ma lui fedele serio amareggiato,

pensa al suo amore

che non è tornato.

LA PELLE

Camaleonti,

o figli di serpenti

se ogni tanto potessimo cambiare

nella muta,

questo  colore, che porta

tanto male,

forse potremmo diventare tali

a colui ...

si dice, che fece l'uomo,

sembianza di se stesso.


Ma questo sembra colore indefinito

in trasparenza e non assume toni

è sempre uguale

e non tradisce mai

Non nasce,  mai da un posto della terra

magari in Africa, in Asia, o in mezzo

al mare.

Nasce dal cuore, dalla porvetà

dall'gnoranza, dall'indifferenza,

nasce dall'odio e contro il vero amore.

Uomini donne, e bimbi senza patria

non è importante dove sono nati

l'unica colpa, essere figli

dell'umatà cacciati dal diritto

di campare con poco pane

e molta dignità.

Bestie assetate, di vendette assurde

scatenano l'ira contro gli indifesi

i cuccioli figli di inutili ingiustizie

vittime innocenti e poi colorano

le viltà più infami coi soliti colori

della pelle che ha  il sol colore,

quello più atroce ingiusto ed infamante

che toglie all'uomo ogni libertà

COLORE ANTICO DELLA POVERTA'

venerdì 4 febbraio 2011

DANZE ANTICHE

Accordi di chitarra ...all'ora tarda

quando le ombre di una sera nana

danzano lontano, sopra i vetri.

e nello stagno crescono i girini

e sono rane, e da lontano

provano armonie le campane.



Fantasmi di passioni ormai sopite

al ritmo antico di canti di paese

s'alzano le gonne nel ballare.


Ed ogni abbraccio, un bacio

è un rito antico che si ripete sempre.

Non ha stagione la voglia dell'amore ...

quando è amore

Quando dal bosco avanza ormai

la bruma e dorme il cervo.

E mentre dorme ... deve stare attento.


Gatti randagi che se pure al freddo

piangono alla luna e stanno fuori

più tosto che sentirsi fare servi.


Danzano in  piazza le figlie e i figli

nati dalla rabbia e dall'amore

di quella terra che non li vuole eredi

lanciano in cielo le mani

verso l'alto per prendere la luna

e regalarla ad una terra che troppe

volte è amara, e poche volte è dolce

ma quasi sempre agra.


E son  lontani i suoni di chitarra

echi di flauti, e battiti di  mani,

e dopo passi di danze

che vengon da lontano

da terre antiche, e genti pitturate

e corpi si trasformano in poesie

in liriche e canti,  facce da teatro,

e dopo urla di soldati antichi, rumori

d'armi, e pianti di dolore.

Raggi di luna ... e dopo nasce il sole.


E poi le madri, le figlie del passato

con lunghe braccia invitano a danzare

donando i seni al vento che li bacia

le bocche rosse ricche di passione

formando con le braccia nella danza

un grande sole luce del futuro

mimando lotte per vincere la fame.

PIETRE E TUFI

Case di pietre,

e tufi,

finestre senza vetri

e con retine,

da dove passano,canti

e dopo odori, anche parole

che nessuno ascolta.

Lucertole randage,

e poi rigagnoli

di acqua sciorinata.

Le piazze di paese ...

sempre uguali

con alberi costretti

fra le mura

con rami stanchi

di essere legati

crescere in silenzio

a denti stretti

I passi lenti, di vecchi abbandonati

donne deluse, in cerca d'avventure

ed i sorrisi ingenui di bambini

messi in berlina a causa del futuro

son come fiori  ... nascono morti,

in mezzo al mare dell'indifferenza,

nascosta fra crepe delle vite,

di gente assurda,

che ride certo

ma che non ha futuro.

giovedì 3 febbraio 2011

FREDDE GALANTERIE

Campi, silenzi ...

ed alberi spogli,

pagine bianche di libri scritti mai

poi strade vuote

disegnate apposta

da sogni che vengon discinti

per poi cercare  dimore più serene

tra anime forti, ingenue

e molto ricche di fantasie

e sogni e di pensieri veri

che arrivano sempre nonostante tutto.

Rumori d'aratri ...

fra campi abbandonati

fra rovi  arsi, rigagnoli d'amore

per l'occasione rugiade di sudore,

che fanno nascere

passioni senza tempo.

E da  lontano profumi

di frescura di acqua cheta ...

che non cheta mai  troppa passione

perchè rimanga ferma,

spinta dai venti, delle delusioni

e dopo echi di belati umani

che cercano ristori mai sopiti

che la paura li ha fatti sempre servi.

Sospiri, respiri, ansimanti e caldi

lupi affamati all'ombra di chimere,

scrutan coloro che non si fan leoni

pronti a ghermirli ...

per farne il proprio pasto

Uomini stanchi di sperare sempre.

Lorda speranza che muore sempre prima

rubando all'uomo l'ultimo respiro

e per tradirlo lo fa morire dopo

troppo galante la speranza mia.

Colori arancio per dei tramonti

amanti di boschi, e colli e mari senza

mete di sconfinate solo le ingiustizie

che come aratri scuotono ogni cuore.

Campi silenzi, e spaziano nel cielo

stormi colorati, di poesie,

e dopo il sole sorpreso dal dolore

brucia ogni cosa ... ma non scalda più

martedì 1 febbraio 2011

LA MIA COMPAGNA

 Non dorme mai ...

non ha mai dormito

rimane sveglia

in cerca di un motivo

una ragione, una giustificazione,

per tutto quello

se sembrerà normale

a quelli che normale

vuol dir tutto

per sino l'ingiustizia

su un bambino,

od una donna

picchiata dal marito,

o peggio ancora uccisa violentata

oppure in officina licenziata,

perchè al padrone

lei non gli l'ha data.


Non dorme mai ...

non ha mai dormito.


Per gli operai morti

in officina, o i licenziati

messi ad aspettare

che al più presto

mandati a lavorare, pagati

come servi per mangiare

mentre i suoi figli

non possono studiare

i libri a rate, ed i vestiti lisi,

sempre gli stessi

chissà per quanto tempo.


Intere ore dormire sopra i treni
,
i pulman pieni

di facce addormentate,

sbagliando le fermate

tante attese.

E poi la sera davanti alle castagne

per festeggiare con un bicchier di vino,

l'arrivo di un bambino mai atteso

ch'è stato messo al mondo

per sfortuna.


Non dorme mai ...

non ha mai dormito.


Dentro i quartieri senza alcun futuro

quando la notte un suono di sirena

ti suona il campanello  e poi ti dice

che il figlio tuo è morto in officina,

o s'è drogato

oppure che tua figlia l'anno

beccata sopra un marciapiede.

per uno che si salva cento morti.

Son queste cose che

non mi fan dormire

è la coscienza!  mi fa compagnia.

E NON RISPONDE ...

E non ti sento...

lontano come sei

confuso fra le voci, che ...


Parlano e vogliono sentire

un tuo respiro,

un alito  velato di vendetta

per questo male,

che infetta quelli che dici sono

figli tuoi. Figli? si ...



Del nulla se quel silenzio

che ora  ci proponi

ha avuto forza

d'essere urlo silente , amaro

dei campi di sterminio.


Urlo solcato dai venti,

che han fatto muti

i pianti di pietà, e rese

sterili i seni delle madri

gettate in pasto

in bocche dell'inferno

fosse comuni per essere scordate

senza peccati

e solo per amore

decisero di farsi per pudore

E SOLO PER AMORE !

Schiave della morte per la vita.



E non ti sento,

sordo come sei

ai morsi della fame, all'igiustizia

all'arroganza, alle prepotenze,

di chi ha scalato la torre di Babele

dei potenti, e con la frusta

della tua parola, mantiene

a bada persino le colombe che son ferite

come se fossero cerberi d'inferno.


Mentre s' anela fra gli ultimi del mondo

 a far giustizia nel segno della pace.



Io non ti sento ..

forse per le urla delle genti

di quei bambini donne

e condannati perché collusi

con chi chiede pace,

collusi con l'amore

e con i giusti dietro

le sbarre del'incomprensione

nelle galere dell'indifferenza

dell'ignoranza che già  di servi ne ha fatti tanti,

perché sorpresi dai tramonti infami,

cantati da sirene dell'inferno.



Io non ti sento perché ho dolore

e rabbia del passato,

per il presente che manca al mio richiamo,

per un futuro che aleggia come un gufo,

e i moti di speranza sono rari

come quei giorni che sembrano felici

e se magari lo potessi fare,

almeno uno lo voglio

regalare a una colomba

che ha voglia di volare